Giusto
per amor di precisione, e perché sono una rompipalle: oggi non è
solo Pasquetta, come mi dicono le mie millemila notifiche su Facebook
in cui la gente mi tagga su foto di coniglietti morbidosi e uova
colorate, nonché di barzellette con agnellini che chiedono a mamma
pecora playstation e wii, e a cui mamma le promette dopo Pasqua
(anche se, a dire il vero, quella è l'unica che meritasse
effettivamente). Di Pasquetta me ne importa gran poco, è un lunedì
randomico sul calendario in cui non si lavora o non si va a lezione,
per quanto mi concerne.
Oggi
è, invero, un giorno molto più importante: è il 25
aprile, anniversario
della Liberazione dal giogo nazi-fascista.
Non il giorno in cui si fanno pic-nic sui colli in cui non si trova
un pezzetto d'erba libero manco per sedercisi, ma il
giorno in cui gli italiani dovrebbero celebrare una parola
bellissima, dolce e viva: Libertà,
con la “l” maiuscola.
Sono
66 anni oggi che gli italiani, quei meravigliosi italiani morti per
il proprio popolo, ci hanno liberato, 66 anni da quando hanno
rispedito quegli uomini che toglievano con le armi e con la forza del
ricatto libertà e diritti al confine della loro idiozia e
cattiveria.
Libertà!
Urlatela
quella parola, come Mel
Gibson in Braveheart,
perché è una parola che
tanti morti e tanti vivi ci hanno ridato con sudore e sangue,
ed è una parola che piano piano stanno nuovamente cercando di
toglierci, demolendo lettera per lettera quella Costituzione
meravogliosa che ce la garantisce.
Urlatela
quella parola per cui è morto anche Vittorio Arrigoni,
salutato ieri dai suoi cari e da chi non lo conosceva – ma tanto
avrebbe voluto conoscerlo – cantando al cielo “Bella Ciao”,
come al funerale di un partigiano. (E chissà se lo sa che
gliel'hanno cantata, non lo conoscevo ma sono sicura che la pensava
come me: quando al tuo funerale cantano “Bella Ciao” hai davvero
avuto tutto dalla vita.)
Urlatela
quella parola che il nostro governo pare aver dimenticato,
quella parola che ci viene tolta con ogni proposta di legge
anticostituzionale.
Urlatela
mentre il 12 e il 13 giugno andate a votare
per l'acqua e il legittimo impedimento, urlatela davanti alle urne
delle amministrative. Urlatela perché rappresenta
il vostro libero arbitrio che la Costituzione e la Carta dei Diritti
dell'Uomo vi garantisce.
E
oggi, per carità, quando siete a mangiarvi i vostri panini nel
vostro pezzo di argine, quando siete lì alla griglia a cuocere la
vostra carne, ricordate che non è solo quel randomico lunedì che
può cadere a marzo o ad aprile in cui non si lavora e non si va a
lezione, ma è soprattutto il giorno in cui voi dovete celebrare i
vostri diritti e la vostra Libertà donatevi 66 anni fa da donne e
uomini di un coraggio inaudito, con sangue, sudore e lacrime.
Ricordatevi di quei veri martiri di tutti - non
martiri religiosi ma civili, per questo di tutti
– che non sono solo
figli d'Italia, martoriata madre e patria di indomiti, ma del mondo
intero. Non solo dei
nostri partigiani (a maggior ragione oggi!), ma di tutti coloro che
combattono per la Libertà di ogni popolo sottomesso e schiavo, come
troppi ancora ce ne sono.
Se
questa parola la urliamo tutti non resterà sola sul campo di
battaglia, utopica bandiera.
Diventerà
reale.
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